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Medico geniale, filosofo e alchimista, dissacratore e scapigliato, combatté contro le autorità mediche, religiose e politiche del suo tempo e per questo, mai uomo ebbe tanti nemici e fu tanto criticato. Nello stesso tempo, mai uomo ebbe tanti seguaci e fu tanto ammirato. Nessuno meglio di lui - Philippus Aureolus Theophrast Bombast von Hohenheim, conosciuto come Paracelso - incarnò la figura dello scienziato rivoluzionario. Ancora oggi, rimane una delle figure più sfuggenti e misteriose della storia del pensiero occidentale. Studiò, operò e viaggiò in quasi tutto il mondo allora conosciuto, negli anni più irrequieti del Rinascimento, muovendosi tra i roghi dell'Inquisizione in piena attività, e i primi bagliori della rivoluzione scientifica. Fu chiamato «Lutero della medicina», ma scoprì la differenza tra vene e arterie, intuì che il fegato filtra il sangue e inventò la iatrochimica, ossia la distillazione dei minerali per estrarre le sostanze utili alla preparazione dei medicamenti. All'inseguimento di una medicina universale, che si giovasse del sapere d'ogni ramo delle conoscenze umane, visitò maghe e sciamani, cabbalisti e matematici, cerusici e negromanti.
Quale sarebbe stata la sua autobiografia, se ne avesse scritta una? Studiare la magia, la psicologia e mettere le basi di quella che sarà la futura psichiatria, perché nulla resti intentato, nella cura di un malato. E ancora e sempre l'alchimia, come unica via per l'elevazione spirituale. Forse ci avrebbe finalmente rivelato se possedeva il segreto della Pietra Filosofale e della sua rinuncia all'Elisir di vita eterna, forse.
In quest'immaginifica autobiografia, moltissimo è documentato, alcune parti sono ricavate da quanto vi è di leggendario nella sua vita, ma tutto è trattato con la passione che può ispirare un uomo che ha vissuto, più d'ogni altro, ai confini della realtà.
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