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Noto soprattutto per essere stato l'autore del terzo tomo della Felsina Pittrice (1769), il bolognese Luigi Crespi (1708-1779), figlio del grande Giuseppe Maria, unisce alla carriera di storiografo quella di pittore.
Nell'età di Prospero Lambertini, vescovo di Bologna dal 1731 e in seguito papa con il titolo di Benedetto XIV (1740-1758), Crespi junior diviene in città ritrattista di grido, riuscendo a interpretare le esigenze di una committenza aristocratica che desidera presentarsi esibendo i modi disinvolti ed eleganti della 'civiltà della conversazione'. Protagonisti delle sue tele sono dunque dame e cavalieri, briosi e spigliati, dipinti in «ottimo gusto», in un «bello stile oltremontano» (Zanotti), che viene ulteriormente messo a punto dal pittore a seguito di un soggiorno nell'Europa cosmopolita delle corti di Vienna e Dresda, compiuto nel 1752.
Ma il «particolare dono di ritrarre le fisionomie» (Oretti), riconosciutogli dalla critica coeva, lo conduce anche a dare voce ai valori della più sana borghesia, votata al lavoro, produttiva e ingegnosa, individuata nella pastorale di Lambertini come parte essenziale del proprio progetto di riforma.
Bologna, Museo Davia Bargellini, settembre - dicembre 2017
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